Carlo Antonio Procaccini, figlio di Ercole e fratello di Camillo e Giulio Cesare Procaccini, è uno dei protagonisti della pittura milanese tre fine Cinquecento e inizi Seicento, specializzato nella realizzazione...
Carlo Antonio Procaccini, figlio di Ercole e fratello di Camillo e Giulio Cesare Procaccini, è uno dei protagonisti della pittura milanese tre fine Cinquecento e inizi Seicento, specializzato nella realizzazione di eleganti nature morte e raffinati paesaggi, in cui restituisce una personale e originale interpretazione di modelli fiamminghi basati principalmente sulle opere di Jan Brueghel, che, come è noto, vennero collezionate da Federico Borromeo.
Il dipinto raffigurante l'Allegoria della Terra, recentemente restituito da Alberto Crispo al catalogo dell'artista (A. Crispo, Qualche proposta per Carlo Antonio Procaccini, in «Parma per l’arte», XVIII, 2012, 2, p. 71, fig. 8), appartiene a una serie di tavolette, sempre ricostruita da Crispo, dedicata ai Quattro elementi, di cui fanno parte l'Allegoria dell'Aria della Pinacoteca Ambrosiana di Milano - con cui la nostra tavola condivide medesimi tratti della figurina, stacco tra il primo piano in ombra e il fondo illuminato, tipologia delle frasche e resa degli animali – e due tavolette raffiguranti le allegorie del Fuoco e dell'Acqua, sempre alla Pinacoteca Ambrosiana.
L'iconografia di questa allegoria è basata sul modello descritto nell'Iconologia di Cesare Ripa (Cesare Ripa, Iconologia..., Roma 1603, p. 121): “Una matrona à sedere, vestita d'habito pieno di varie herbe e fiori, con la destra mano tenghi un globo, in capo una ghirlanda di fronde, fiori e frutti, & de i medesimi ne sarà pieno un corno di dovitia, il quale tiene con la destra mano, & a canto vi sarà un leone et altri animali terrestri”, con la possibilità che porti un “Castello in capo”.
La tavoletta rende compiutamente la preziosità della pittura di Carlo Antonio Procaccini, che si contraddistingue per la raffinata attenzione miniaturistica, il delicato respiro naturalistico e il fine contrasto chiaroscurale che si stempera nelle “consuete lontananze azzurrine” (Crispo, ibidem, p. 70).