Il dipinto, eseguito con la rapidità di un bozzetto o di un modelletto di presentazione, è una testimonianza molto importante per cominciare a mettere a fuoco lo stile di un...
Il dipinto, eseguito con la rapidità di un bozzetto o di un modelletto di presentazione, è una testimonianza molto importante per cominciare a mettere a fuoco lo stile di un dimenticato protagonista della pittura lombarda della seconda metà del Seicento. Esso infatti permette di delineare in modo più nitido il profilo di Ambrogio Besozzi, visto l’indubitabile riferimento a una delle sue opere più celebri e documentate: il San Sebastiano curato dalle pie donne conservato fin dall’origine nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano. Le minime differenze tra progetto e opera finita, che riguardano il formato e irrilevanti dettagli al di là della frenesia del tocco tipico della prova preparatoria qui in esame, restituiscono il carattere pressoché definitivo dell’opera. Besozzi licenziava una pala d’altare che andava a confrontarsi in modo davvero significativo con due prove di Legnanino e di Carlo Donelli, il Vimercati; le opere di questi due pittori sono ancora in situ, mentre la pala del Besozzi è conservata nel Capitolino e i pennacchi di Filippo Abbiati che completavano la decorazione mobile della cappella sono ricoverati in Sacrestia.
Simonetta Coppa ha offerto con lucida sintesi un resoconto puntuale delle vicende artistiche della cappella di San Sebastiano (oggi dedicata a Santa Savina), commissione che impegnò alcuni dei pittori più in vista nella Milano del tempo (S. Coppa, La cultura figurativa nella basilica di S. Ambrogio nel Seicento e nel Settecento, in La Basilica di S. Ambrogio: il tempio ininterrotto, 2 voll. a cura di M.L. Gatti Perer, Milano, 1995, II, pp. 490-497). Circa l’andamento dei lavori, possediamo una relazione molto precisa offerta dal pittore torinese Alessandro Mari (1650-1707) in una lettera scritta ad un “reverendissimo Padre” del Capitolo (forse Pompeo Castiglioni) il 6 agosto del 1703, foglio in cui l’artista dichiarava di apprezzare “le pitture con le quali novamente è adornata la sontuosa cappella di S. Sebastiano”. Mari, che fornisce dunque un ante quem per la realizzazione del complesso decorativo già realizzato nel momento in cui scrive la lettera, descrive ogni singola opera qualificando le scelte stilistiche degli artisti; di fronte alla Predica di San Sebastiano del Legnanino non può mancare di notare “l’amorosa vaghezza nel dipingere”, mentre la pala d’altare del Besozzi, “dipinta d’un misto di serio e di vago”, permette al pittore torinese di notare i riferimenti culturali (tutti romani o quasi) dell’opera a cui questo bozzetto fa riferimento; significativi sono i richiami, e molto spesso condivisibili, ai modelli antichi (il Laocoonte, l’ Antinoo) e ad artisti quali Correggio, i Carracci, Pietro da Cortona, e il Maratta (Coppa, op. cit., pp. 494, 496).
In quegli stessi anni, il fervore dei lavori in quel cantiere cruciale della capitale del Ducato non riguardarono solo la cappella di San Sebastiano, visto che solo poco tempo prima (1691), Andrea Lanzani aveva licenziato uno dei suoi capolavori nella vicina cappella dedicata a Sant’Ambrogio (Ultima comunione di Sant’Ambrogio): Coppa, op. cit. p. 497; S. Colombo, M. Dell’Omo, Andrea Lanzani (1641-1712). Protagonista del barocchetto lombardo, Milano, 2007, pp. 157-158, n. 35).
Il gruppo di artisti con i quali Besozzi si trovò a lavorare fianco a fianco nella chiesa di Sant’Ambrogio è costituito in molti casi dai compagni di strada del pittore, che si trovò negli anni della formazione presso la riaperta seconda Accademia Ambrosiana (1668) a condividere le proprie scelte stilistiche con Andrea Lanzani. Le scelte cromatiche e compositive di questo modelletto restituiscono la sintonia con Lanzani e Legnanino da parte di Besozzi, anche se quest’ultimo si distingue dai colleghi milanesi per una stesura più aspra e un disegno più nervoso, caratteri che lo avvicinano a certi risultati del Vimercati. Ad analoghe considerazioni è giunta Simonetta Coppa nel suo studio sulla pala d’altare ancora in Sant’Ambrogio; la studiosa ha immaginato di avvicinare il “mal conosciuto” Besozzi a Lanzani per “il morbido gruppo degli angeli in volo”, mentre al Vimercati fanno riferimento i “lineamenti affilati delle giovani donne alla destra del santo” (Coppa, op. cit., p. 496).